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Pensioni in Italia: situazione attuale e scenari futuri

La situazione delle pensioni in Italia è in continua trasformazione. Il progressivo, e inarrestabile, invecchiamento della popolazione e le riforme che si sono susseguite negli anni hanno prodotto un innalzamento dell’età pensionabile e una netta riduzione dell’importo degli assegni mensili.

Vediamo, dunque, qual è lo stato dell’arte delle pensioni in Italia, come funziona il sistema pensionistico del nostro Paese, quali sono le prospettive future e perché, visto il quadro generale, la previdenza complementare, e quindi i fondi pensione, rappresentano un’opportunità da non sottovalutare.

La situazione
delle pensioni in Italia

Quanti sono i pensionati in Italia e quali sono le loro condizioni di vita?
Per inquadrare la situazione attuale ci atteniamo agli ultimi dati messi a disposizione dall’INPS, Istituto Nazionale Previdenza Sociale, e dall’ISTAT, Istituto nazionale di Statistica.

Partiamo da due trend in crescita:

  • il numero di pensioni di vecchiaia liquidate;
  • l’età di accesso alla pensione di vecchiaia.

SERIE STORICA PENSIONI DI VECCHIAIA LIQUIDATE ED ETÀ MEDIA ALLA DECORRENZA

A fronte di un andamento crescente dell’età media di pensionamento, conseguenza diretta delle riforme pensionistiche atte a contenere gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, il numero di pensioni di vecchiaia liquidate risulta sostanzialmente decrescente fino al 2014, per poi cominciare a crescere a partire dal 2015.

Analizzando la distribuzione delle pensioni per classi di importo, si osserva una forte concentrazione della popolazione pensionata nelle classi di reddito più basse.

Semplificando, la maggior parte delle pensioni erogate in Italia (il 59,6%, per l’esattezza) ha un importo medio basso, ovvero inferiore a 750,00 euro mensili. Ciò vale in modo particolare per le donne: il 72,6% della popolazione femminile, infatti, rientra all’interno di questa classe.

DISTRIBUZIONE DELLE PENSIONI VIGENTI ALL’1.1.2021 PER CLASSI DI IMPORTO E SESSO

Alla luce di quanto osservato, richiamiamo l’indagine ISTAT sulle condizioni di vita dei pensionati italiani, basata sui dati 2018-2019 e pubblicata nel 2021, dalla quale emerge un dato fondamentale: crescono i pensionati che continuano a lavorare.

Nel 2019, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro, i pensionati da lavoro che percepiscono anche un ulteriore reddito sono 420 mila, in aumento rispetto al 2018 (+3,6%).

I pensionati che lavorano sono più spesso impiegati in agricoltura e nel commercio, risultando sovra rappresentati anche nelle attività professionali e nei servizi alle imprese.

Nei settori dell’istruzione, sanità, trasporti e nell’industria in senso stretto, al contrario, l’incidenza è sensibilmente inferiore a quella del totale degli occupati.

PENSIONATI DA LAVORO CHE SI DICHIARANO OCCUPATI PER CLASSE DI ETÀ.

Anni 2011 e 2019, valori percentuali

Tra le famiglie con pensionati, le meno esposte al rischio di disagio economico sono quelle in cui vi è almeno un pensionato che cumula redditi da lavoro propri o di altri componenti occupati.

Le più vulnerabili, d’altro canto, sono costituite da pensionati senza redditi da lavoro che vivono assieme ad altri membri non occupati (34%).

RISCHIO DI POVERTÁ E GRAVE DEPRIVAZIONE MATERIALE PER FAMIGLIE CON E SENZA PENSIONATI E PER TIPOLOGIA FAMILIARE.

Anno 2018, valori percentuali

Il sistema pensionistico italiano

Come accennato nell’introduzione, in questi ultimi anni in Italia abbiamo assistito a un aumento dell’età pensionabile e a una riduzione dell’importo degli assegni pensionistici.

Il nostro sistema pensionistico è stato riformato diverse volte negli ultimi decenni e attualmente siamo in piena transizione tra sistema retributivo e sistema contributivo.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta, come funzionano i due sistemi e in che modo si sta gestendo la transizione.

Sistema retributivo

Il sistema retributivo consiste nel calcolo dell’importo della pensione basato sulle retribuzioni di fine carriera lavorativa.

Questo si traduce in un assegno tale da garantire al pensionato un tenore di vita di poco inferiore rispetto alla vita pre-pensione, visto che tipicamente al termine della carriera lavorativa si ottiene uno stipendio più elevato rispetto ai periodi precedenti, a causa degli scatti di anzianità e del procedere della carriera.

Questo sistema di calcolo sta andando a estinguersi, dal momento che non viene più utilizzato per i lavoratori iscritti all’INPS per la prima volta in una data successiva al 31 gennaio 1995.

Per questi soggetti, infatti, si adotta il metodo di calcolo contributivo.

Sistema contributivo

Il sistema contributivo si basa su un differente metodo di calcolo rispetto al retributivo che, per diversi motivi, contribuisce a una riduzione dell’assegno pensionistico, seppur a parità di condizioni.

Il conteggio, infatti, avviene sulla base dei contributi versati nel corso della vita lavorativa e non sulle retribuzioni percepite a ridosso del momento della pensione.
Appare subito chiaro che questo secondo metodo può comportare una importante riduzione dell’importo percepito, a causa ad esempio di possibili buchi contributivi nel corso della vita professionale dovuti alla crescita dei contratti di lavoro a termine e a esigenze personali; si pensi ai periodi di cura di figli piccoli o persone anziane, tipicamente a carico delle lavoratrici.

Questo sistema, come detto, riguarda tutti coloro che sono iscritti all’INPS in data successiva al 31 dicembre 1995.

Sistema misto

Al momento siamo in piena fase di transizione tra un sistema di calcolo e l’altro; dunque, per i soggetti iscritti all’INPS in data precedente al 31 dicembre 1995 il calcolo della pensione avviene applicando entrambi i sistemi, come segue:

  •  con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, l’assegno pensionistico si calcola con il sistema retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 1995 e con quello contributivo per gli anni successivi;
  • con più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, l’assegno si calcola con il metodo retributivo per gli anni fino al 31 dicembre 2011 e con il contributivo per gli anni successivi.

Al passaggio da retributivo a contributivo occorre aggiungere il progressivo innalzamento dell’età pensionabile, che si adegua alla speranza di vita degli italiani.
A oggi, nel 2021 la soglia è fissata a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi.

Il futuro delle pensioni in Italia

Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, le riforme che si sono susseguite nel tempo e le incertezze che si sono aggiunte a causa della crisi pandemica portano a pensare a un futuro delle pensioni italiane in cui gli assegni caleranno ancora e l’età per accedere alla previdenza aumenterà.

Non a caso alcuni commentatori si spingono a definire il nostro sistema pensionistico “una bomba a orologeria”.

Ad esempio, il 54° Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2020 mostra in maniera chiara il drammatico cambiamento demografico in corso, per via delle nascite ai minimi storici.

Nel 2018, infatti, il tasso di natalità è sceso a 7,3 per 1.000 abitanti, ossia 439.747 nati iscritti all’anagrafe, 18.404 in meno rispetto al 2017.

Una tendenza che si registra da tempo e che va di pari passo con l’invecchiamento della popolazione.

Di questo passo, tra vent’anni gli anziani supereranno le persone con età inferiore a 35 anni:

  • gli under 35 saranno 18,6 milioni (il 31,2% della popolazione);
  • gli over 64 saranno 18,8 milioni (il 31,6%).

Un sorpasso che renderà necessari nuovi interventi sul sistema pensionistico pubblico per reggere il colpo di una spesa per le pensioni in continua crescita a fronte di una popolazione lavorativamente attiva in diminuzione.

L’opportunità della previdenza complementare e dei fondi pensione

In un quadro così delineato, la previdenza integrativa diventa una importante opportunità per i singoli di non subire passivamente gli eventi, le riforme e lo “tsunami demografico”.

L’adesione a un fondo pensione, infatti, consente di integrare in maniera adeguata l’assegno pensionistico, garantendo il tenore di vita che si desidera avere al momento del ritiro dal lavoro e di affrontare in maniera adeguata le necessità legate all’avanzare degli anni.

La previdenza complementare è facoltativa e serve a integrare la previdenza obbligatoria.

Mentre nella previdenza obbligatoria le pensioni attuali vengono pagate dai lavoratori attuali con i propri contributi (criterio della ripartizione), la previdenza complementare si basa sulla capitalizzazione individuale.

Semplificando, tu accumuli le somme che riceverai giunto all’età della pensione.

Aderendo alla previdenza complementare, viene creato un conto su cui vengono accumulati i versamenti e i rendimenti che derivano dal capitale investito, al netto delle spese di gestione e delle imposte.

Sono diverse le forme pensionistiche complementari consentite in Italia. Le elenchiamo di seguito:

Fondi pensione negoziali

Istituiti nell’ambito della contrattazione collettiva, nazionale o aziendale. A questa tipologia appartengono anche i fondi pensione cosiddetti territoriali, istituiti cioè in base ad accordi tra i rappresentanti dei datori di lavoro e i lavoratori appartenenti a un determinato territorio.

Fondi pensione aperti

Istituiti da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).

Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP)

Istituiti dalle compagnie assicurative.

Fondi pensione preesistenti

Istituiti prima del decreto legislativo 124/1993, che ha introdotto per la prima volta una disciplina organica del settore della previdenza complementare.

previdenza cooperativa

Previdenza Cooperativa è il Fondo pensione negoziale dei Lavoratori, Soci e Dipendenti, delle Imprese Cooperative e dei lavoratori dipendenti addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria.

Aderire al Fondo Previdenza Cooperativa garantisce una serie di vantaggi:

Versamenti periodici

Con un contributo mensile stabilito dal lavoratore, in base alle sue necessità e possibilità, si alimenta il conto previdenziale da utilizzare quando vi sarà necessità.

Contributo del datore di lavoro

Nel caso di adesione a Previdenza Cooperativa, con il versamento del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e del contributo mensile si matura anche il diritto a ricevere il contributo aggiuntivo del datore di lavoro. Questo vantaggio non è offerto dai fondi “privati”.

Vantaggi fiscali

I contributi versati al Fondo pensione non sono tassati; nel momento in cui si ritirano le somme viene applicata una tassazione di favore rispetto ad altre tipologie di gestione del risparmio.

Flessibilità

In caso di necessità, il lavoratore iscritto al Fondo Pensione può richiedere un anticipo o, in determinate circostanze, accedere alla cosiddetta RITA, che consiste nella erogazione frazionata del montante accumulato sotto forma di rendita mensile fino al conseguimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia.

Costi bassi

Previdenza Cooperativa è un’associazione senza scopo di lucro, che ha come unico obiettivo quello di garantire le migliori condizioni possibili, e in particolare il maggior rendimento, ai propri iscritti. Questo si traduce, tra le altre cose, in costi a carico degli aderenti inferiori rispetto a quelli dei Fondi pensione offerti da banche e compagnie di assicurazione.

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